È iniziato il conto alla rovescia per l’evento che coinvolge ogni anno milioni di persone in tutto il mondo: l’Ora della Terra. Coordinata dal Wwf e da altre organizzazioni di volontari, si tratta di un modo per accendere i riflettori sul cambiamento climatico e sulla necessità di un’azione immediata e globale per contrastarlo. Quest’anno sarà il 24 marzo, dalle 20.30 alle 21,30: un’ora simbolica a luci spente da New York alla Nuova Zelanda, da Parigi al Paraguay.
Dalla prima edizione del 2007, che ha coinvolto la sola città di Sidney, l’Ora della Terra ha rapidamente preso piede, lasciando al buio case, piazze, strade e monumenti simbolo come il Colosseo, la Basilica di San Pietro, il Cristo Redentore di Rio de Janeiro, la Torre Eiffel, il Ponte sul Bosforo e tanti altri. L’edizione dello scorso anno è stata un successo senza precedenti: hanno partecipato 187 Paesi con milioni di cittadini, imprese e organizzazioni e più di 3.000 monumenti a luci spente. Anche l’Italia non è stata da meno, con oltre 400 comuni coinvolti e tanti eventi organizzati.
Purtroppo sembra che ai decisori politici sfuggano le reali dimensioni del problema clima. Ci sono voluti anni e anni di discussioni solo per ammettere che il cambiamento climatico è una realtà ed è già iniziato, senza considerare le marce indietro come quella del Presidente Trump. Di questo passo, in base alle stime dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), nel giro di vent’anni avremo raggiunto la soglia critica dei 2°C in più: questo è il limite massimo fissato dai climatologi, il punto di non ritorno, oltre il quale gli attuali squilibri potrebbero assumere caratteri catastrofici, o comunque cambiare il volto del nostro pianeta.
Anche se si riuscisse a rimanere entro i 2°C, come stabilito nella COP21 di Parigi del 2015, le alterazioni avranno comunque ripercussioni pesanti e diffuse. Per ora le precipitazioni sono cambiate poco in quantità, ma sono più concentrate: così aumentano sia le giornate secche, sia le piogge lampo con forti rovesci. Questo non farà che peggiorare il dissesto idrogeologico, con alluvioni e frane, e su questo argomento il nostro Paese già non se la passa troppo bene. Si inasprirà lo stress idrico, che già si avverte al sud e nelle isole, e l’inaridimento favorirà erosione, desertificazione e gli incendi boschivi che hanno flagellato l’Italia durante la scorsa estate.
Anche biodiversità ed ecosistemi sono minacciati: ad esempio sulle Alpi, dove il riscaldamento è più rapido, gli ecosistemi si stanno già spostando verso l’alto, inseguendo le temperature più miti, mentre sugli Appennini si vedono i primi adattamenti all’aridità. La composizione delle specie è già cambiata del 10-20 %, a vantaggio di quelle meglio adattate agli stress, e in molti casi si prospetta l’estinzione. Anche la nostra specie ha di che preoccuparsi: i gruppi più vulnerabili, come anziani e malati con problemi cardio-respiratori, sono minacciati dalle ondate di calore e da nuove o più diffuse infezioni e allergie. Quanto all’agricoltura, secondo alcune stime soffrirà il 20% dei terreni italiani e cambieranno le aree più adatte alle varie colture: ulivo, agrumi, vite e grano duro si espanderanno a nord, mentre il mais sarà in difficoltà al sud, a causa dell’aridità.
Le valutazioni dell’impatto economico complessivo sono difficili: i guai maggiori dovrebbero arrivare dalla minore produzione idroelettrica, dai cali dell’attrattiva turistica, dalla produttività agricola e ittica, e dai danni alle infrastrutture. Ora prendete questi problemi, e moltiplicateli per ogni Paese del mondo. L’Ora della Terra è l’occasione per ricordare a chi prende le decisioni che non c’è tempo da perdere e che siamo tutti sulla stessa barca.