“Canta che ti passa la paura” o più semplicemente” Canta” di Herbert Pagani.
A cavallo tra il 1967 e il 1968 usciva un LP di Gaber col titolo “L’asse d’equilibrio” un disco che portava al proprio interno oltre che “Canta”, altri successi come “Suona chitarra” e “Eppure sembra un uomo” che faranno parte del primo disco registrato dal vivo di Giorgio “Il Signor G”. Opera prima “Il Signor G” sarà poi un cliché negli anni a venire, manifesto di quell’oggetto chiamato teatro canzone.
La canzone recita: Canta che ti passa, canta che la vita è meno dura…
Una due giorni dedicata alla musica d’autore, musica a cui tutti dobbiamo qualcosa, chi un ricordo, chi una strada intrapresa, chi una passione che diventa ragione di vita e magari lavoro e chi semplicemente una persona che forse non c’è più.
Gaber sceglie da quegli anni il teatro, la televisione che lo aveva lanciato indietro lo dimentica completamente, come dimentica tutti i personaggi scomodi e il teatro diventa il mezzo di comunicazione primario per artisti scomodi e fastidiosi. Stessa sorte era toccata prima di lui a Dario Fo, Enzo Tortora, Luigi Tenco, Miranda Martino e tanti altri, da li a poco anche Jannacci ci saluta per dedicarsi alla professione di medico per un periodo lungo di tempo, per poi tornare più carico d’ironia con la sua discografia più graffiante, quella prodotta da “L’ultima Spiaggia”, etichetta indipendente nata dalla volontà di Nanni Ricordi e Ricky Gianco.
Ma che hanno in comune tutti questi personaggi, hanno la Milano degli anni “60 e Luciano Bianciardi, scrittore e critico in prima istanza del modello consumistico e del Boom Economico.
Luciano Bianciardi rimane segnato negativamente dalla tragedia di Ribolla, cittadina mineraria in provincia di Grosseto, sua città natale, dove trovarono la morte 43 minatori, che tra le altre cose conosceva personalmente. Tragedia annunciata, poiché la Montecatini per aumentare la produzione tagliò i costi della sicurezza, ma tutto questo sembra un film già visto e purtroppo ancora attuale.
Bianciardi migra poi a Milano per lavorare con la neonata casa editrice Feltrinelli da li l’incontro e la collaborazione con Enzo Jannacci a cui era legato da amicizia, tanto che Enzo compare nel film di Lizzani “La vita agra” ispirato proprio dall’omonimo libro di Luciano Bianciardi, libro che si scaglia senza mezzi termini contro il sistema capitalistico e della vita frenetica che riduce l’individuo a mera macchina di consumo.
Luciano ci lascia nel 1971 corrotto da una vita di abusi, sconfitto dall’alcool e da una serie di delusioni, ma a noi piace ricordarlo nella sua verve più autentica e saggiamente ironica, ecco come descrive l’italiano medio di allora, sfido chiunque a non trovarci una realtà ancora presente e attuale, dove sono cambiati gli orari, le performance ma la sostanza rimane la stessa di oggi, dove solo l’involucro si è imbarbarito.
“Qual è la sorte estiva dell’italiano medio, bene in regola con canone di
abbonamento, ignaro della sua illegalità costituzionale, ligio alle norme
repubblicane e villeggiante con la famiglia su una qualche riviera della
penisola? Ha passato la sua giornata con moglie e figli al mare, ha desiderato
la donna d’altri, se ne è pentito, ha dovuto contentarsi della donna sua, e si prepara da buon padre di famiglia incensurato alla sua legittima sera televisiva.
Si versa un aperitivo ascolta i rumori della cucina, dove la consorte prepara
mozzarella, pomodori e melanzane fritte, si siede in poltrona e ordina al figlio
disubbidiente di accendergli il televisore. Sono le otto e trenta, grazie a l’ora
legale c’è ancora luce, ma per fortuna comincia a fare un pochino di fresco. È
l’ora del telegiornale.”
Dicevamo una due giorni dedicata alla musica d’autore, testi originali e brani inediti, chitarre e voci che ci porteranno in una dimensione acustica e reale, dove la parola la fa da padrone, a dispetto del rumore che copre i suoni.
“Canta che nonti passa…”si perché proprio la canzone, quella d’autore, ha spinto intere generazioni verso un modello di pensiero avvezzo alla riflessione, alla rabbia cosciente che è stato il motore di una ribellione che per anni ha turbato proprio i sonni dell’italiano medio e non solo. Oggi però tutto è sopito e quella mediocrità è divenuta lo standard, forse una canzone potrà risvegliare le coscienze, a noi piace crederlo.
Un ultimo passo di Luciano Bianciardi per concludere.
“Eppure dovrebbe essere lampante che la libertà della satira coincide con
la libertà intellettuale di un Paese moderno, e che l’ironia non può fare altro
che bene, e non dovrebbe trovare remore di nessun genere. L’ironia è il
miglior antidoto contro il luogo comune, contro il conformismo, contro la
dittatura in ogni sua forma.”