Primo contatto
Per il 2018 la Yamaha ha fatto quasi passare in sordina l’avvento della nuova R1, probabilmente a causa di migliorie veramente poco eclatanti rispetto alle grandi novità delle case rivali. Nel 2017 infatti sono nate sia la nuova Honda Fireblade, totalmente rivisitata sia nel motore che nelle linee, sia la Suzuki GSX-R, anche essa da un progetto tutto inedito; poi a gennaio 2018 ha debuttato la nuova Ducati Panigale V4 che ha dettato nuove regole e standard su tutto il panorama motociclistico. Ad Iwata dunque hanno optato saggiamente per un profilo basso, infatti l’estetica dell’R1 è praticamente immutata dal 2015 e lo stesso vale anche per il motore a scoppi irregolari. Ma allora cosa è cambiato? Cosa hanno aggiunto? Semplificando in maniera estrema si può parlare di un’aggiornamento nel reparto sospensioni e un miglioramento dell’elettronica. Se vi state chiedendo come questo possa apportare vantaggi concreti alla guida, la risposta è semplice: spesso i dettagli riescono a fare la differenza… eccome!!! Questo vale ancora di più se si sale a livelli prestazionali elevatissimi: a quel punto piccoli accorgimenti possono diventare di vitale importanza per fare il miglior tempo sul giro. Le sospensioni sono il top di gamma della Öhlins, le semi-attive 2.0 che l’R1 condivide con la Ducati V4. A differenza del passato non si tratta però di meri pezzi meccanici da spedire inscatolati: lo sviluppo delle sospensioni semi-attive si fa fianco a fianco con la casa produttrice. Infatti la Ducati e la Yamaha possiedono le stesse sospensioni solo nel nome e nella componentistica meccanica. In realtà, come un vestito su misura, si è lavorato per adattarle alla perfezione al comportamento del motore, a quello della ciclistica e ai due messi insieme. Dunque questa collaborazione è essenziale e i frutti che ne derivano sono dei risultati eccellenti e specifici per quel mezzo. Nel reparto elettronico vediamo che si è migliorato il controllo dell’anti impennata; non è semplice capire fino in fondo cosa significa questo aggiornamento: in soldoni ciò si traduce in un miglior controllo del sollevamento della ruota anteriore in accelerazione, che permette di togliere esclusivamente la potenza in eccesso e dunque penalizzare il minimo possibile le prestazioni. L’altro aggiornamento riguarda il cambio elettronico che acquisisce anche la scalata assistita, o down-shift; in una competizione al decimo di secondo in pista con le agguerritissime concorrenti questo non è assolutamente un dettaglio da sottovalutare. Anche i piloti di buon livello ammettono che se è vero che è abbastanza difficile abituarsi agli aiuti elettronici introdotti di recente, ancora di più sarà vero che una volta acquisiti i benefici prestazionali e la facilità di utilizzo, sarà quasi impossibile fare un passo indietro e dunque tornare a farne a meno: sicuramente scalare marce a raffica in staccata senza usare la frizione e con la doppietta automatica è un’invenzione epica!
Alla guida
Il muso appuntito che sovrasta i fari quasi nascosti in basso non può non far pensare alle moto del GP, il richiamo è immediato. La distanza tra i semi-manubri e la fine del serbatoio è notevole; la sella è ampia e ben sagomata (consente anche ai più alti di trovare una discreta posizione alla guida). I semi-manubri sono molto chiusi e spioventi, i polsi vengono sollecitati notevolmente nell’uso stradale: questa posizione di guida è da vera sportiva, senza compromessi. Oltre al controllo di trazione regolabile su 9 step e i 5 livelli di potenza a disposizione (che troviamo su tutte le altre maxi sportive), troviamo un controllo anti impennata separato dal Traction Control, un’assistenza alle partenze da moto GP (Launch Control) e il controllo di derapata o imbardata (oltre a lei lo possiede solo la Panigale V4). L’R1 ha una missione ben precisa ed è quella di farti andare forte mettendoti a tuo agio: infatti la peculiarità di questa moto è la progressività e linearità dell’erogazione. Anche viaggiando a potenza piena (power impostato su 1) l’R1 ti fa sentire sempre abbastanza lontano da i tuoi limiti alla guida e ciò consente, oltre alle alte velocità di percorrenza, delle uscite di curva con gas in mano aperto (è proprio qui che si distingue). Il tutto è supportato da un’elettronica sopraffina che gestisce alla perfezione il tentativo di derapata e la successiva impennata “a una spanna da terra”. Per chi non lo avesse capito, a casa Iwata l’obiettivo non è infondere sicurezza nel guidatore, che avrà una comparsa dei capelli bianchi omogenea e tardiva (non trascurabile effetto positivo), ma la ricerca assoluta della prestazione senza compromessi.
Optional della versione M
La versione M si distingue dalla base solo per pochissimi ma decisivi dettagli: le sospensioni semiattive a controllo elettronico (che sostituiscono le KYB), le finiture in carbonio della maggior parte della carena e lo scarico slip-onAkrapovic.
fonte immagine: PixelGhostClyde via flickr