di Luisa Di Maso
Instagram @luisa.di.maso
I sogni premonitori tracciano la via a chi ha la singolare dote di comprenderli. A volte spaventano e incatenano chi li sperimenta, a volte offrono visioni rosee di un accadimento futuro. Il sogno non sbiadisce nella testa di chi al risveglio vive un déjà vu, un sentimento di attesa e perenne inquietudine.
In “La casa del sogno” Vittoria, una ragazza prossima alla maturità liceale, trova un diario appartenuto alla bisnonna. Le pagine di questo racconto di vita s’intrecciano ai sogni premonitori che la giovane protagonista vive sin da molto piccola e che tuttavia sempre la sconvolgono.
“Il fiato corto, il cuore in gola, ho la sensazione di essere osservata davvero e rabbrividisco avvicinandomi alla finestra, non ho tirato la tenda e fuori la notte è scura, c’è luna calante, non si distinguono bene le sagome. Apro ed esco fuori sul balcone, i rami dell’acero si muovono, ma non c’è vento, mi ritiro immediatamente dentro casa e questa volta chiudo bene anche le pesanti tende. Mi rintano nel letto cercando di chiudere gli occhi, il lenzuolo fin sopra il naso, ma proprio non riesco a riprendere sonno: come è possibile che io immagini certe cose senza averle mai vissute?”
Un’infanzia senza madre, cresciuta, nonostante ciò, con l’affetto del padre, dei nonni, del fratello, Vittoria s’innamora, corrisposta, di Roberto, un giovane assunto dal padre come tuttofare nella tenuta di famiglia. Vittoria coinvolge nella lettura del diario e nei suoi turbamenti mentali anche il suo amato che in un primo momento sembra non voler assecondare l’ossessione della giovane,
“Mi hai trascinato in questo delirio di ricordi e sogni e anche io faccio fatica a rimanere con i piedi per terra, il passato dei tuoi antenati si sta mescolando con il nostro presente (…). Non voglio che ci lasciamo trasportare da emozioni alimentate dalla storia di altri, dobbiamo trovare un tempo e un luogo che siano solo nostri, senza influenze del passato.”.
ma che poi, però, si lascia trasportare.
Il senso della famiglia, come appartenenza e memoria affettiva, è il fondamento di tutto il romanzo che nelle ultime righe ben si spiega.
“Un’altra generazione è passata, traendo, dalla precedente, esperienze e insegnamenti, per non dimenticare. È impossibile dimenticare, chi ci ha preceduto è sempre con noi (…)”.
Alla prima prova d’autore, Francesca Reboa prende spunto da alcune vicende di famiglia per strutturare questa storia, gradevole nei presupposti, ma dal ritmo lento. La narrazione risente di una certa invariabilità nelle “voci” dei personaggi che sembrano tutti coincidenti: giovani protagonisti e cerchia amicale, genitori, nonni e antenati usano tutti lo stesso linguaggio, molto spesso desueto. Qualche errore e i numerosissimi puntini sospensivi utilizzati per chiudere le frasi fanno supporre che la CE non abbia intrapreso neanche la correzione delle bozze. Peccato! Un accurato lavoro di editing avrebbe giovato a questo romanzo bello nelle intenzioni, ma da rivedere e ridurre.
La casa del sogno
Francesca Reboa
Albatros