di Luisa Di Maso
Instagram @luisa.di.maso
La ritornanza è malattia del respiro, sudore freddo, confusione mentale, bisogno di conoscere la propria identità; è ciò che allarma, deprime e sconvolge Arturo che così definisce la sua reazione alla paura di stare male. Una ritornanza, appunto, il male generato dalla paura che si manifestino le sensazioni spiacevoli già provate. Il primo episodio a tredici anni, durante una gara di corsa. A pochi metri dall’arrivo il fiato corto, il cuore impazzito e quell’improvvisa, terribile consapevolezza della morte che può sopraggiungere in qualsiasi momento senza riguardo per la giovane età.
“Credo che nell’esistenza di ognuno ci sia un evento preciso nel quale ci si rende conto di non essere eterni: quella fanciullesca sensazione che siano gli altri a dover morire invece di noi stessi svanisce, per un evento improvviso e inaspettato, sostituita da una consapevolezza nuova e spaventosa.”.
Quando Arturo, il giovane protagonista di questa storia, scopre di essere attratto dagli uomini trova l’appoggio dell’amico fidato Gabriele, omosessuale come lui, al quale ben presto si lega. I due, per sfuggire al contesto socio culturale retrogrado della piccola realtà locale in cui vivono, Caposele d’Irpinia, si trasferiscono a Bologna, dove sperano di trovare un ambiente più emancipato e accogliente.
“Era come girare nudi per strada (…). Avevamo gli occhi addosso, additati da sbirciate che dietro la sorpresa celavano il disgusto (…) il nostro coraggio di tenerci la mano, un’azione così semplice, così naturale, insignificante per chi non era parte della nostra esistenza, era il detonatore della ripugnanza e dell’odio collettivo.”.
Ma il dolore è dietro l’angolo e la coppia affronterà ulteriori traumi, come anche disguidi che rischiano di incrinare il rapporto. D’altronde Arturo e Gabriele sono molto diversi, il primo introverso e accudente, il secondo estroverso e combattivo. Per fortuna c’è Giulia Locatelli, la psicoterapeuta sui generis, che riesce a sollevare Arturo, sprofondato in uno stato depressivo, al limite del vegetativo.
“Se siamo qui è perché tu possa ricominciare ad avere cura di te e non di chi non è qui con te: non sono in grado di curare il ricordo di una persona indimenticabile. Ma il dolore sì, quello sono in grado di curarlo. Allora che ne dici: cominciamo, Arturo?”.
“Una storia diversa” non è soltanto il racconto di un risveglio identitario in un contesto sociale e culturale che stigmatizza la diversità, è anche una porzione di storia italiana, dal terremoto devastante dell’Irpinia che cambiò la geografia del territorio e poco ha scalfito la mentalità fatalista delle persone, all’AIDS e alla lotta dei gruppi arcigay per l’emancipazione delle minoranze omosessuali.
“Più passava il tempo e più le discriminazioni nei nostri confronti sembravano aumentare in maniera esponenziale invece di placarsi e di questo Gabriele non riusciva a farsene una ragione. Durante i mesi post-terremoto molte delle persone ricoverate negli ospedali da campo furono salvate grazie a una massiccia campagna di donazione del sangue e il fatto che, nonostante le manifestazioni pacifiche e di raccolta firme in tutta Italia, l’omosessualità fosse ancora inserita dall’Avis nella lista delle incompatibilità (…) scatenò una caccia alle streghe (…) un’altra etichetta ci catalogò come indesiderati. Quella dell’AIDS.”.
Nel romanzo si coglie l’intenzione dell’autore di restituire il vissuto emotivo dei diversi personaggi attraverso le loro stesse voci che dettano la suddivisione in paragrafi brevi. La prosa è ricca, elaborata, approfondita, si riscontrano purtroppo alcuni errori grammaticali che non frenano, tuttavia, l’entusiasmo della lettura perché il libro è bello, originale nella struttura e nella presentazione dei personaggi, intimo, profondo e merita di essere letto.
Una storia diversa
Andrea Bagnulo
Robin Edizioni