Un percorso tra due generazioni per riconoscere la diversità come un valore. Torna dopo il successo della passata stagione al Teatro Parioli, 10-12 maggio, lo spettacolo “La madre di Eva” con Stefania Rocca e Bryan Ceotto, Simon Sisti Ajmone. Tratto dal romanzo di Silvia Ferreri (NEO Edizioni), l’adattamento e la regia sono di Stefania Rocca. “Che cosa vuol dire essere madre? Nessuno nasce genitore e nessuna donna nasce madre. L’unica, vera, possibile guida è l’amore, uno scambio continuo tra genitori e figli, in un ascolto reale e sincero tra generazioni. ‘La madre di Eva’ è liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Silvia Ferreri, finalista al premio Strega nel 2018. È la storia – si legge nelle note di regia – toccante e contemporanea, di una madre che parla a sua figlia – lei l’ha sempre considerata una femmina – in una clinica di Belgrado, mentre al di là del muro, stanno preparando la sala operatoria e i dottori tracciano linee verdi sul corpo nudo di Alessandro, per permettergli di realizzare, finalmente, il suo desiderio: ‘prima dei miei diciotto anni voglio sottopormi all’intervento che mi renderà quello che sono davvero: un uomo’. In un dialogo surreale senza risposte, sospeso tra l’immaginato e il reale, la madre racconta la loro vita fino a quel momento. Un viaggio costellato di amore e odio, sensi di colpa, paure, desideri e speranze. Madre e figlio sono le facce di una società che evolve e non dà tempo, ci spiazza e ci rende soli.
Con questo spettacolo, voglio raccontare il forte contrasto generazionale e le tematiche transgender dal punto di vista di chi ne è fisicamente coinvolto ed anche di chi, in quanto genitore, sente il dovere di proteggere ‘la sua creatura’, con il timore delle discriminazioni che la società spesso riserva a coloro che perseguono un percorso di transizione. Per Alessandro la transizione è un percorso che modifica il corpo, non l’identità. Lui è nato uomo. Non c’è un prima e un dopo. Per la madre, condizionata da un pregiudizio ancestrale, la transizione è un calvario ingiustificato, oltre a essere un insulto al ‘frutto del suo seno’. Non è una donna bigotta, ma ha paura. Paura che sua figlia soffra troppo, paura che venga giudicata, paura che la vita per lei possa essere più difficile. L’amore e l’ansia di essere una madre perfetta, la portano a guardare da un’unica prospettiva, la sua, fino a quando lei stessa non sarà in grado di comprendere e abbattere quel muro di solitudine che le ha divise, fino al momento in cui entrambe rinasceranno. Attraverso lei – spiega la regista -, vorrei si aprisse per il pubblico una finestra in più sull’identità di genere, che porti lo spettatore ad immedesimarsi emotivamente in entrambi i personaggi. Penso che tanti genitori e tant* figl* che stanno affrontando un percorso analogo, grazie alla visione di questo spettacolo potranno sentirsi meno soli”. La consulenza artistica è di Luciano Melchionna, le musiche di Luca Maria Baldini. Produzione Stage Entertainment – Enfi Teatro – Oraone Production.