di Luisa Di Maso
Instagram @luisa.di.maso
Cosa è la memoria se non la raffigurazione di un contenitore in cui vengono conservate le tracce del passato da cui attingere le esperienze in forma di ricordi? A beneficiare di questa possibilità tutti noi, uomini e donne, che dovremmo trarre vantaggio da tale recupero, al fine di non commettere più gli errori piccoli e grandi della vita. Un tributo al valore della memoria personale sembra essere questo lavoro, secondo di Ezio Mammoliti, che torna a parlare di Maso, protagonista anche del primo romanzo. Maso, capofamiglia degli Umile, un cognome che porta con sé semplicità e dignità, è assimilabile a un Socrate contadino che attraverso il dialogo pone nel figlio, Giovanni Francesco, i semi per una forte motivazione allo studio e alla perseveranza.
“Hai ragione, la vita è una casa e la tua è grande, e quella stanza ordinata, pulita che chiami memoria è sempre fresca e molto accogliente e la dovremmo lasciare in eredità ai nostri figli e loro ai nostri nipoti e così via, come hanno fatto i nostri genitori, finché non diventi un’esigenza di cui non se ne può fare a meno, come l’aria e l’acqua.”
In ogni pagina trapela la nostalgia, come groviglio che non si scioglie se non nell’uso della parola che lo dipana in mille piccoli aneddoti. La narrazione colpisce il lettore per i dialoghi intensi tra personaggi che difficilmente verranno dimenticati: Don Ferdinando, Angela, Mastru Nicola, Barbara, il dottore, Pasquale, Dante Affaticato, Don Marcello quest’ultimo, cui l’autore accenna in poche righe, di grande fascinazione.
“Questa cantina lui la trasforma sia in un teatro, sia in una biblioteca. Questo è il suo posto, ci sono i giornali, i libri che legge a tutti quelli che frequentano la cantina che, in buona parte, sono analfabeti e ascoltano le notizie lette dal giornale, per tutta la gente lui è la radio, ha una pazienza incredibile… La gente è affascinata dalla lettura e dall’ interpretazione che Don Marcello dà e poi c’è da dire che riesce con la sua mimica a far rivivere alle persone che lo seguono le pagine del libro che legge e, finita la lettura, ognuno pone delle domande…”.
Il romanzo è autentico, intriso di racconti e proverbi di antica memoria.
“Rammenta che il gioco delle nocciole veniva praticato nel periodo invernale, si individuava il posto, di solito sopra i marciapiedi e veniva pulito lo spazio per preparare il campo della competizione. Su questo campo si sistemavano dei castelli fatti con quattro nocciole, li casteji, si tracciava con un pezzo di carbone la linea dalla quale veniva lanciato il baliu, la nocciola più grossa, che doveva abbattere li casteji.”
Le parole offrono guida sicura, riscatto, o meglio dire emancipazione, da quello stato di assoggettamento dovuto alla povertà materiale e culturale. La speranza di far progredire i propri figli attraverso gli studi, rafforza un’idea di contrasto alla facilità con cui oggi si pensa di poter ottenere benefici senza impegno.
“Inseguire le orme” che si legge indipendentemente dal precedente, intitolato “Il giovane Maso” perché i due romanzi sono stati concepiti dall’autore come a sé stanti, è semplice ma di sicuro interesse. Impaginazione accurata, bella e indicata anche la grafica di copertina.
Inseguire le orme
Ezio Mammoliti
Editore Mannarino