C’era una volta… “Un Re!”, direte voi. Eh no, stavolta la storia è un po’ diversa . C’erano una volta 102 contadini che per tutta la vita avevano lavorato la terra e che un giorno, stanchi di spezzarsi la schiena per il padrone, decisero di mettersi in viaggio e arrivarono in un luogo pieno di sassi rovi e spini. Si misero assieme e a colpi di pala e piccone costruirono dal niente due paesi nuovi su due colline in mezzo alle quali scorreva un antico ruscello. Questi paesi nuovi li chiamarono Castellaccio e Ovile.
Inizia così la storia raccontata nel libro Le radici del moro di Fabrizio Petrolati, che verrà presentato sabato 5 ottobre alle 17 nella Sala Cinema di via Natale Balbiani snc, a Tor Bella Monaca, Municipio VI Roma delle Torri.
Il romanzo racconta le vicende di Zeffero, Piera e degli altri fondatori marchigiani che nel 1950, lasciati i loro paesi con il sogno di lavorare la terra in proprio, tra mille disavventure e sacrifici riuscirono, riunendosi assieme in una cooperativa agricola, a gettare le basi per un futuro migliore per i propri figli.
Dai loro sforzi e con il sudore della loro fronte, là dove c’erano solo rovi e spini, sorsero due fiorenti borgate, Castellaccio e Ovile, oggi Castelverde e Villaggio Prenestino, frazioni del Comune di Roma situate nella porzione a est del Municipio VI Roma delle Torri.
Alla presentazione parteciperà il Presidente del VI Municipio Nicola Franco, i rappresentanti delle istituzioni municipali e comunali e Alberto Cingolani, consigliere comunale di Barbara (AN) – uno dei luoghi di origine dei fondatori – in un immaginario ponte che lega il territorio romano a quello di origine.
Con l’occasione verrà per la prima volta esposto al pubblico nel Municipio VI il modellino dell’ovile, raffigurante scene di vita quotidiana dei pionieri.
Quell’unico edificio esistente all’epoca, infatti – un capannone destinato a rifugio delle pecore: un ovile, appunto – fu la prima precaria casa per decine di famiglie di fondatori che, una volta ripulito dal letame, vi si sistemarono all’interno come potevano, realizzando delle “stanze” di fortuna, delimitate da balle di paglia, tavole o altro materiale, al cui interno vivevano intere famiglie.
Senz’acqua, senza luce, senza servizi igienici. Una situazione che durò per anni, durante i quali le famiglie dei soci della cooperativa, vivendo insieme sotto lo stesso tetto, condivisero miseria e povertà, gioie e dolori, lavoro, fatica e sudore, ma anche sogni e speranze, maturando quel forte spirito di comunità e attaccamento alle proprie radici che ancora oggi è presente a Castelverde e Villaggio Prenestino, le due frazioni del Comune di Roma (inizialmente denominate Castellaccio e Ovile) che sorsero grazie al lavoro e ai sacrifici dei pionieri marchigiani.