Vecchie cartoline illustrate con vasi di fiori, sulle quali si concentrano minimi interventi pittorici, e calendari-souvenir, che rinnovano di anno in anno la citazione della stessa immagine presa dalla storia dell’arte. Sono gli elementi intorno ai quali si costruisce la mostra personale “Con affetto” di Gabriele Mauro a Casa Vuota a Roma, ospitata nello spazio espositivo di via Maia 12 al Quadraro fino al 5 gennaio 2025. La mostra, curata da Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo e accompagnata da un testo critico di Franco Speroni, è stata inaugurata lo scorso 26 ottobre e si può visitare prenotando un appuntamento ai numeri 3928918793 o 3284615638 oppure all’email vuotacasa@gmail.com. Nelle stanze dell’appartamento-galleria vengono presentate due serie di opere a cui l’artista sta lavorando da molti anni: “Con affetto”, un work in progress realizzato dal 2021 al 2024, che si compone di tracce di pittura acrilica su cartoline postali che spaziano dai primi del Novecento agli anni Ottanta, e “Biennio”, un’installazione formata da sette calendari che coprono un lasso di tempo dal 2019 al 2025. “In un panorama di immagini note, quasi banali e rassicuranti e di rapporti temporali da ponderare e calibrare, il ritmo di ripetizioni e variazioni minime, ma significative che Gabriele Mauro imprime alle sue opere misura le presenze e le assenze dei fantasmi che abitano Casa Vuota – raccontano Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo -. Le opere di Mauro sono ripensate in modo site specific per lo spazio espositivo domestico, entrando in dialogo con le tracce visibili sulla carta da parati dell’appartamento dismesso, che restano come fossili a testimonianza della vita che in queste stanze è passata come un fiume ora secco. Lo sgombero di mobili e di quadri ha impresso sulle pareti l’impronta di un vuoto, la percezione di un’assenza che il tempo rende via via più vaga, ma non meno saliente. Con queste reminiscenze fantasmatiche Gabriele Mauro si confronta attentamente, con tutta la precisione acuta di cui la sua arte è capace, proponendo una rilettura originale degli spazi dell’abitare che si dilatano non in senso fisico ma concettuale”. Come spiega lo stesso artista, ha organizzato l’installazione “rispettando la natura dello spazio, in modo che lo spettatore viva l’opera e l’ambiente contemporaneamente e che questi si valorizzino a vicenda”. Si parte dalle composizioni di cartoline del ciclo “Con affetto”, che dà il titolo alla mostra, che occupano le pareti in modo speculare rispetto ai segni che su di esse si leggono, in uno schema preciso di ribaltamenti tra pieni e vuoti. Mauro racconta così il suo metodo di lavoro e l’idea che sta dietro queste opere: “Solitamente tendiamo a staccare il colore secco che si forma alla spremitura del tubetto di colore, ma se ci fermiamo a guardarlo, possiamo rintracciare in esso la sagoma di un fiore. Grazie a questa osservazione è nata ‘Con affetto’, un’opera che vuole raccontare il rapporto con gli oggetti e con il tempo. Un gioco di abbinamenti di fiori, un’estetica vintage, di cartoline d’epoca utilizzate per auguri di compleanno e onomastici abbinate a un gusto industriale, che è riuscito a creare un ludico cortocircuito nel tempo, per esaltare la fisicità̀ del soggetto”. Franco Speroni spiega nel suo testo critico: “Esposte assemblate in gruppi, incorniciati dal vuoto eloquente delle pareti della casa, le cartoline creano ora macchie colorate, dove cercare la ‘propria’, quella che sceglie chi la guarda, perché́ crea una relazione affettiva seppur effimera, riproponendo così il senso di quell’operazione più̀ vasta che è l’arredare: assemblare cose, tanto ovvie nel loro significato funzionale quanto è oscura la forza fantasmagorica sentita da chi le ha volute. Sulle cartoline, i dettagli dei vasi decorati, come le forme dei fiori, vanno cercati con la ‘lente’ per cogliere la differenza attraente nell’apparente ripetizione, come ha fatto lo stesso autore che ha interagito con esse, apponendovi una sorta di piccolo sigillo pittorico – macchie di colore essiccato – che si mimetizzano con i fiori della stampa”. I calendari dell’installazione “Biennio”, invece, hanno per Speroni la qualità di ribadire “il modo in cui l’autore fa parlare lo spazio arredandolo, rendendolo un luogo di presenze e di attese”. Sulla prima pagina di ciascun calendario campeggia una riproduzione fotografica della “Velata” di Raffaello, il ritratto di donna conservato a Palazzo Pitti a Firenze. “I calendari – prosegue Speroni – presentano minime differenze di tono nel colore in cui ‘La Velata’ è stata riprodotta industrialmente ma la differenza ancora più sensibile si nasconde all’interno. Sigillati nella loro confezione, i calendari contengono tutti il massimo della ripetizione, cioè̀ la successione del tempo cronologico, ma ogni data è stata, e potenzialmente potrà̀ essere, un evento per ciascuno diverso”. La conclusione a cui arriva il testo critico di Speroni è: “Vicini nella differenza, le cartoline, come i calendari sono quindi scrigni di segni che sollecitano nel pensiero forze che non sono quelle del riconoscimento basato su un fondamento comune che si deve ribadire, per essere valido. Un messaggio spontaneo, implicitamente ‘politico’, si manifesta invece nella cura di questa dimensione privata e crepuscolare”. Un ultimo tassello lo aggiunge ancora l’artista, affermando: “La creatività̀ che è nella mia mente è sollecitata dal tessuto sociale in cui viviamo. Le modalità di ricezione delle immagini nei nostri giorni, l’idea di arte come costruzione di forme e di pensiero, la differenza e ripetizione come insieme e incontro di rapporti temporali, sono gli elementi che mi permettono di creare un mondo immaginario, mi rimandano a un altrove, mi permettono di avere uno sguardo volto alla sensibilità visiva, nel senso di esperienza. Perché dobbiamo interrogarci su cosa vediamo per capire cosa siamo”.