Alle prime luci dell’alba di un caldo lunedì di fine luglio un blitz di 30 agenti di diversi gruppi della Polizia Locale sotto la vigilanza del comandante Antonio di Maggio, hanno varcato i cancelli del campo rom di Via Salone per eseguire quattro misure coecertive personali, in relazione al traffico e allo smaltimento illecito di rifiuti tossici. Le indagini sono cominciate nel febbraio 2017 a seguito di numerose denunce da parte di cittadini e associazioni. Finalmente dopo tante battaglie consumate negli uffici comunali e nelle strade all’urlo di“Basta roghi tossici”, 19 persone sono state iscritte nel registro degli indagati per gravi reati ambientali, mentre altre 4 sono state fermate ed è stato disposto per loro l’obbligo di firma. Inoltre i vigili hanno sequestrato 5 furgoni che servivano per il recupero, il trasporto e lo smaltimento illecito dei rifiuti che avveniva con la compiacenza di alcune ditte italiane. Ma come si è arrivati a questo punto? Vediamo di percorrere la storia del campo di Via Salone da Veltroni quando ne autorizzò la costruzione fino all’incursione di lunedì mattina.
Come nasce il campo rom di Salone
Il campo nomade di Via Salone si trova in una zona industriale compresa tra il IV e il VI Municipio di Roma Est. Il campo occupa 20.389 mq. I lavori per la realizzazione della struttura sono iniziati nel 2006 per ordinanza della giunta Veltroni per ospitare persone provenienti dalla Romania, Bosnia e Serbia per un costo stimato di 6,5 milioni di euro. L’accampamento è stato “ingrassato” poi da Gianni Alemanno quando trasferì sul posto i residenti del campo Casilino 900. Il campo di Salone dovrebbe ospitare 600 persone ma ne conta molte di più. Oggi è considerato il presidio nomade più grande d’Europa. Il 20 agosto 2009 l’allora Ministro dell’Interno il leghista Roberto Maroni con il Sindaco di Roma Gianni Alemanno e il prefetto della Capitale Pecoraro inaugurarono il campo di Via Salone. Tutto iniziò quando Alemanno nel 2008 annunciò di voler cambiare la gestione dei presidi nomadi presenti a Roma. Maroni andò incontro alla richiesta del Primo Cittadino romano e con il “decreto emergenza nomadi”, consegnò nelle mani del Sindaco 30 milioni di euro l’anno per finanziare la costruzione dei campi, lo smantellamento e la ristrutturazione di quelli presenti. Evidentemente a quel tempo per il Ministro dell’Interno i nomadi non erano un problema, perchè invece di “sgombrare i campi e ristabilire la legalità” come oggi vorrebbe fare Matteo Salvini, ne finanziò la costruzione, permettendo a Mafia Capitale di speculare sulla vita dei residenti usando come arteria veicolare i centri di accoglienza e le cooperative. C’è chi dice che Mafia Capitale sia stata rimpinguata proprio grazie al piano nomadi di Maroni.
La situazione a Salone spesso sfugge al controllo delle istituzioni.
In passato la Polizia Locale riscontrò che alcuni container abitativi presenti nella struttura passavano di mano in mano dietro pagamento di qualche migliaia di euro, facendo perdere in questo modo il numero esatto delle persone presenti. Per la Asl di Roma B gli abitanti della zona sarebbero “seduti” su una bomba. Nel punto dove oggi sorgono le case si presume che un tempo venissero riversati sul terreno i liquidi tossici provenienti dal polo industriale ubicato nelle vicinanze. Da anni la popolazione grida “Basta ai roghi”. Nel novembre del 2017 in Via Salone nelle vicinanze del campo apparve uno striscione con la scritta:”Basta roghi! Volete la guerra? Noi siamo pronti!”. Molte volte associazioni e cittadini scesero in strada, e lo fanno tutt’ora, per riprendersi la libertà di respirare.
Associazioni in guerra contro i roghi tossici
I roghi tossici in Via Salone sono un problema attuale, ci sono giorni in cui la gente nemmeno può aprire la finestra di casa per l’odore acre e pungente che aleggia nell’aria. Eppure la Costituzione italiana riconosce ai cittadini il diritto alla salute. Ma come si fa a mantenere la propria salute quando a Via Salone vengono appiccati in continuazione roghi per smaltire i rifiuti che quotidianamente i residenti del campo abbandonano fuori dall’ingresso di accesso? Il materiale sparso è impossibile quantificarlo, in genere si tratta di gomme, plastiche, materassi, eternit. Quando il volume è eccessivo i rom danno fuoco all’immondizia creando nubi nere di fumo</a> che attraversano i cieli della Capitale.
Ogni giorno cresce la rabbia della popolazione che vede minato il proprio stato fisico e dei propri cari dalla quantità di diossina che puntualmente viene sprigionata dai falò velenosi. Il maggio scorso Paolo di Giovine Responsabile del Coordinamento Associazioni Roma nonché presidente dell’Associazione IV Municipio Case Rosse ha dichiarato che i cittadini sono pronti a difendersi dai continui fuochi mortali di Via Salone, organizzando delle ronde notturne. A fomentare ulteriormente la bufera in quei giorni concitati, è intervenuta la Regione Lazio con lo sblocco di 1 milione di euro da destinare all’installazione di telecamere in prossimità dei campi nomadi. Virginia Raggi avrebbe voluto utilizzare il denaro per bonificare gli accampamenti, alcuni cittadini per l’impiego dell’esercito 24 ore su 24. Le telecamere sarebbero state distrutte e la bonifica sarebbe durata pochi giorni, invece la presenza costante dell’Esercito, secondo i cittadini, avrebbe garantito maggiori controlli ed evitato l’innesco di incendi illegali. E’ stato chiesto oltretutto anche l’intervento dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Regione Lazio (ARPA) che analizzando l’area attorno al campo di Via Salone ha riscontrato nel suolo e nell’aria la presenza di composti chimici nocivi derivati dalla combustione di materiali a volte difficili da identificare, confermando la preoccupazione della gente. Il messaggio forte lo ha dato Franco Pirina, presidente del Caop di Ponte di Nona e membro del Care che dopo aver mandato alla Sindaca Virginia Raggi diverse denunce, ha intimato a gran voce la richiesta di chiusura del campo di Via Salone entro il 2018. Stefano Monaco, presidente dell’Associazione Roma Civitas Opus ha denunciato che ad uccidere il cittadino è la lenta burocrazia e mentre le istituzioni con flemma affrontano il problema, peggiora lo stato di salute dei romani e le condizioni ambientali diventano critiche per la continua esposizione di sostanze nocive.
La svolta decisiva
L’intervento dei vigili di lunedì mattina al campo ha ridato speranza ai cittadini che chiedono un intervento più “forte” da parte delle istituzioni. L’aspettativa futura è che il blitz non sia un intervento sporadico ma che ne seguano altri più risolutivi come è accaduto per la chiusura del Camping River.
La speranza di tutti è di ottenere al più presto delle concrete risposte. Il silenzio di fronte a una preoccupante emergenza ambientale non è più consentito.
L’incontro tra il Ministero dell’Interno Matteo Salvini e la Sindaca Raggi</a> ha sancito nei giorni scorsi una valida collaborazione per risolvere quanto prima il problema campi rom ubicati nella Capitale. Fino ad oggi sembra che ogni misura adottata sia stata inutile e che l’unica soluzione risolutiva del problema sia la chiusura definitiva del campo di Via Salone.