di Luisa Di Maso
Instagram @luisa.di.maso
Cosa è un ostacolo, se non l’occasione che rafforza l’esperienza, un’opportunità di crescita, il motore di un cambiamento? Gea, la giovane protagonista di questo romanzo, giunta alla consapevolezza di tale osservazione, decide di abbandonare, suo malgrado, il luogo isolato, protetto e familiare in cui i genitori, per fuggire dalla realtà deludente e ostacolante, l’hanno relegata. L’infanzia e l’adolescenza vissute alla “Rocca” con la sola compagnia di un fratello, istruito e “addestrato” come lei, dalla madre e dal padre, hanno prodotto in Gea l’incapacità di relazionarsi con gli altri, un profondo senso di inadeguatezza, una concezione della vita come solo atto di sopravvivenza materiale. E l’emotività? Il sentimento? Lo stesso umorismo?
“Le battute mi mettono in difficoltà. Alla Rocca non si teneva in considerazione l’umorismo, ridere non serviva a niente, perciò non ho mai fatto pratica. Preferisco di gran lunga riparare un condizionatore anziché fare una battuta.”.
È soprattutto il padre, connivente tuttavia la madre, che spinge i figli ad affrontare prove militaresche come ad esempio riuscire a resistere al buio e al freddo per ore, oppure a recuperare oggetti buttati affinché possano essere riparati e riutilizzati. Saper aggiustare gli oggetti rotti diviene per la ragazza una risorsa quando lascerà la Rocca per recarsi a Milano dove vivrà nella casa che era stata della nonna. Riparare gli oggetti le fa guadagnare quel poco di cui ha bisogno per vivere.
“Passiamo il tempo a fare lavori che non ci piacciono per poi acquistare cose di cui non abbiamo bisogno. Alla fine, basta un po’ d’ingegno. (…) io faccio la tuttofare nel nostro palazzo. La gente spesso non si fida. Non è considerato un mestiere da donne.”.
Gea non si prende cura solo degli oggetti, ma anche delle persone del quartiere con le quali si relaziona, nonostante l’inclinazione alla riservatezza, creando un circolo virtuoso di generosità, supporto, gentilezza, mutuo-aiuto. Una vecchia bottega, “Il nuovo mondo”, appartenuta a Dorothy amica della nonna, accenderà la speranza di Gea di costruirsi un futuro differente.
“Amavo i negozi. (…) se qualcuno mi avesse chiesto cosa volevo fare da grande avrei risposto che avrei voluto un negozio. L’idea di gestire la cassa, piena di monete e banconote, mi faceva sentire utile e forte, parte di qualcosa di più grande. Alla Rocca di soldi ce ne erano pochissimi, per mio padre il denaro era una mera illusione. (…) Non gli avevo mai confessato il mio desiderio di aprire un negozio. Non doveva sapere che sognavo, inconsapevole e ingenua, di tradirlo.”.
Un libro pacato, una scrittura scorrevole per una trama che affronta temi tutt’altro che semplici: il rapporto genitori-figli, l’educazione, l’ecologia, il risparmio, il riciclo, lo scambio equo-solidale, l’amicizia. Ben delineati tutti i personaggi, per la maggior parte femminili, di grande potere evocativo. La speranza del lieto fine non abbandona mai il lettore.
Le cose che ci salvano
Lorenza Gentile
Feltrinelli