“Giulia Heathfield Di Renzi, Gaia Rinaldi e Francesco Russo, nel corso di una missione interplanetaria su Marte, sono morti. Non se ne ha la conferma definitiva, ma allo stato attuale dei fatti le probabilità che ci siano sopravvissuti possono essere dichiarate nulle. Una conferenza stampa avrà luogo per fornire i dettagli della tragedia, che nulla toglie alla straordinaria impresa dei tre giovani astronauti…”. Così inizia il racconto di “Giunsero i terrestri su Marte”, con la misteriosa scomparsa dell’equipaggio di una spedizione privata italo-cinese sulla superficie marziana. Che cos’è accaduto sul pianeta rosso? Chi sono i marziani che i terrestri potrebbero aver incontrato? Qual è la ragione di questa iniziativa spaziale? Da queste prime domande prende vita un nuovo frammento di quella mitologia che racconta Marte come potente magnete per il desiderio umano di conoscenza. Un mondo di cui finora nessun umano ha fatto esperienza diretta e che perciò esiste per noi soltanto come gomitolo di desideri, di sogni, paure e illusioni (personali e collettive). Marte è al tempo stesso il luogo della perdita – di affetti, d’identità, di senso – e una potente promessa di futuro. Di questo parla lo spettacolo che sarà in scena al Teatro India dal 9 al 21 aprile. La regia e ideazione è di Giacomo Bisordi, drammaturgia Pierfrancesco Franzoni e Giacomo Bisordi. Testo a cura della Compagnia. Con (in o.a.) Giulia Heathfield Di Renzi, Gaia Rinaldi, Francesco Russo. Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale. A spiegare il significato dell’opera e la metafora di Marte è lo stesso Bisordi: “Per certi aspetti è una storia antica, su un terreno completamente nuovo: il desiderio umanissimo di esplorazione e conoscenza, e allo stesso tempo la sua piega non troppo velatamente predatoria. Oggi, per alcuni pochi, andare su Marte rappresenta l’opportunità di garantirsi un’alternativa privilegiata in un momento in cui il nostro pianeta si dirige verso il collasso. Così, Marte e la corsa allo spazio mi sembrano un bel territorio metaforico – spiega il regista – per immaginare una drammaturgia inedita, a metà strada tra un’operetta morale di Leopardi e un’odissea malinconicissima sulla perdita. O, con le parole di Tristan Garcia: un dramma d’amore su scala interplanetaria. Pensato per un cast di tre attori e attrici chiamati e chiamate a disegnare un volto umano in questo vortice di contraddizioni, Giunsero i terrestri su Marte pesca alcune immagini – la violenza delle spedizioni, la solitudine del viaggio, il collasso contemporaneo della Terra – dalle pagine più potenti della fantascienza classica (da Ray Bradbury e Philip K. Dick a Ursula K. Le Guin), per una performance originale sulla ricerca del senso di essere Terrestri – o Marziani”.