Natale e feste attinenti, capodanno e come si dice epifania che tutte le feste porta via.
Portandosi via anche questo 2020 che rimarrà molto nella testa degli italiani e non solo come l’anno della pandemia, qualche riflessione si possa fare in modo freddo e distaccato senza farsi prendere dalle emozioni.
La storia dell’umanità è piena di episodi pandemici. Per sfatare un pensiero comune di bassa levatura culturale che imperversa ormai da tempo, quello della negazione, che a volte ha assunto toni risibili, ci conviene ricordare che i virus sono sempre esistiti, ma fino a un secolo fa, non se ne conosceva l’esistenza. La parola virus, significa letteralmente veleno ed è stata associata alle malattie soltanto agli inizi del XX secolo.
La nostra letteratura, nelle sue vette, è corroborata da opere che si rifanno proprio a episodi storici impattati da quelle pandemie e malattie misteriose che gli antichi chiamavano peste. I racconti del “Decamerone”, ambientati da Boccaccio nel 1348, anno della peste nera che secondo gli storici in varie fasi uccise quasi la metà degli abitanti dell’Europa, ci parlano di ragazzi che si rifugiano isolandosi, fuori dalla città. La peste manzoniana dei “Promessi sposi” ambientati nel 1600, ci ricordano che il nemico, oltre che la pandemia è l’incapacità di ragionamento della folla. Moniti storici che sembrano essere stati ignorati anche stavolta.
La cultura comunque è sopravvissuta a quei momenti bui.
Dopo fatti luttuosi di ampia portata come le guerre mondiali, che nulla hanno a vedere con il momento che viviamo molto meno nefasto, la ricostruzione oltre che materiale, è stata anche culturale. Il nostro dopoguerra dal 1945 agli anni ’60, fino alla crisi energetica del 1970, è stato un crescendo di iniziative e lampi di genio tipici del nostro bel paese, un paese uscito con le ossa rotte da una guerra scellerata voluta dai grandi capitali, guerra accettata e messa in opera da meri esecutori travestiti da dittatori, così abili a manipolare le menti da indurre una o più generazioni a sacrificarsi sui campi di battaglia.
I sopravvissuti di quello sfacelo, rimisero in piedi letteralmente uno stato non soltanto materialmente, ma anche moralmente. Dalle note cantate da Nella Colombo nel 1945 con la canzone “Sola me ne vo per la città” al boogie portato dagli americani e ballato da tante persone il passo è breve, due situazioni che mutano nel breve scorcio di un’estate.
Da allora la creatività in genere risorge e addirittura il nostro cinema varca le soglie dell’oceano con uno dei film più importanti della storia della settima arte, quel “Ladri di biciclette” che abbiamo già citato nelle pagine di questo giornale e che vede protagonista Lamberto Maggiorani, vissuto a Villaggio Breda.