Secondo una ricerca dell’Università di Newcastle ogni essere umano ingerisce in media 1.769 particelle di microplastica a settimana semplicemente bevendo acqua. La produzione rischia di triplicare al 2050 senza un cambio radicale nelle politiche e negli stili di consumo. Danni sulla salute umana e sul sistema immunitario a lungo termine
NEW YORK – Sono nel cibo che mangiamo, in ciò che beviamo e persino nell’aria che respiriamo. Le microplastiche – particelle minuscole più piccole di cinque millimetri – contaminano l’ambiente che ci circonda. La loro diffusione continua ad aumentare nonostante gli sforzi dei governi, delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente e del cambiamento degli stili di vita. Uno studio dell’Università di Newcastle, in Australia, che ha messo assieme i risultati di 52 ricerche preesistenti sulle stime di ingestione della plastica nel mondo, sostiene che ogni essere umano ingerisce in media 1.769 particelle di microplastica a settimana semplicemente bevendo acqua. Vale a dire: cinque grammi di microplastiche finiscono nei nostri organismi ogni sette giorni. Tradotto equivale al peso di una carta di credito.
I sacchetti e le cannucce di plastica sono i principali imputati. Microplastiche oltre all’acqua sono state ritrovate nella birra, nel sale, nel pesce, nello zucchero, nell’alcool e nel miele. Un altro studio del 2018 sostiene che negli Stati Uniti, in ragione del maggiore inquinamento da plastica, sono stati riscontrati il doppio delle microplastiche nell’acqua di rubinetto rispetto a Europa, India o in Indonesia, pari a 90.000 particelle all’anno. Che vanno ad aggiungersi alle bevande ingerite dagli americani con le bottiglie in plastica: da 74mila a 121mila particelle di microplastica dalle bevande in bottiglia oltre, appunto, alle 90mila particelle ingerite con l’acqua del rubinetto.